Nel Marasma Radicale ormai deprivato di ogni progettualità e strategia politica la parola d’ordine è solo raccolta firme. Nel giro di poco più di un anno, tra locale e nazionale, siamo come minino alla quinta raccolta firme e la dirigenza sta utilizzando uno strumento democratico e fondamentale come il referendum per tappare i buchi della propria insipienza. I compagni, come ipnotizzati, seguono ed ogni iniziativa politica, il referendum è strumento e non iniziativa, è sedata e soppressa. Ha serpeggiato, prima del Comitato ultimo scorso, una email che raccomandava ai compagni Membri del Comitato, di non firmare una richiesta di Congresso Straordinario per non inficiare la efficacia ( efficacia? Sono anni che non raggiungiamo il quorum ) dei referendum. In questi giorni si stanno raccogliendo le firme per l’eutanasia legale. La nostra dirigenza è già un passo avanti : la sta applicando al movimento radicale. A breve si terranno le amministrative ma di questo non si parla; nuovamente ci presenteremo in disordine sparso magari con una lista AGL  aperta al miglior offerente che probabilmente sarà poi invitato a scaricarci dalla stessa dirigenza radicale.  Nel frattempo tra i compagni c’è molto malcontento ma altresì forte titubanza ad abbracciare azioni concrete e programmazioni prospettiche e progettuali per non soccombere ad una politica generale ormai esausta ed inadeguata alle esigenze del paese. C’è paura a mettersi in contrasto con una dirigenza radicale ormai svuotata di ogni autorevolezza e di ogni lungimiranza politica. Perché? E’ più comodo forse scivolare nel sonno della ragione cavalcando battaglie destinate ad essere perdute? Vogliamo che i referendum, strumenti troppo importanti per essere lasciati nelle mani di questa imbelle dirigenza, vengano sviliti, come si sta facendo, utilizzandoli come strumento straordinario per salvare temporaneamente la pelle ? Noi non firmeremo neanche per raggiungere il numero di firme necessario presentare i quesiti : siamo contro questo tipo di politica dissennata che si sta attuando. Il referendum è anche nostro, l’abrogazione della Bossi – Fini e della Fini – Giovanardi sono obiettivi troppo importanti per gettarli nell’agone senza organizzazione e senza speranza di raggiungerli. Non in nostro nome compagni! Noi lotteremo e continueremo a lottare, anche in solitudine, perché ci possa nuovamente essere un Partito Radicale che sia in grado di valorizzare i referendum, che possa poi supportarne la attuazione, in caso di vittoria, con una presenza nelle istituzioni magari piccola ma forte. Non vogliamo arrivare all’epitaffio radicale vergato su un referendum tombale.

 
Passato il Comitato di Radicali Italiani resta, tra gli altri, insoluto un nodo : il Congresso Straordinario di Radicali Italiani. Si è difatti parlato di un Congresso d’Area , ammesso che ciò qualcosa significhi, ma è stata anche iniziata una raccolta di firme perché la maggioranza assoluta del Comitato  chieda al Presidente , come da Statuto, un Congresso Straordinario di Radicali Italiani. A questo punto si potrebbe obiettare che, essendo stata bocciata una mozione particolare su questo stesso argomento possiamo metterci l’animo in pace e con letizia proseguire la nostra esistenza. Tuttavia il Congresso Straordinario, riteniamo, sia una profonda necessità; esiste difatti un soggetto, Radicali Italiani, strutturato, riconosciuto anche all’esterno, con una rete di Associazioni Territoriali che  pur non essendo a questo gerarchicamente sottoposte pur tuttavia devono da questo aver riconoscimento e che potrebbero essere del soggetto in questione la attiva ed efficace propaggine territoriale se opportunamente e pariteticamente coordinate, esiste dunque questo soggetto ma, politicamente, non è. E passa una grande differenza tra meramente esistere e pienamente essere. Si è chiuso il Comitato tra polemiche e votazioni ma volendo trarre delle somme i membri del Comitato ed i semplici ed oscuri militanti, come chi scrive, tornano a casa con la promessa di un “Comitato Straordinario”, se così si può chiamare, come i Fontamaresi di fronte ai dieci lustri. Il Congresso Straordinario ancorché non essere una ennesima occasione di dibattito, poiché vorremmo evitare un ultimo dibattito d’ali prima della morte del soggetto Radicali Italiani, dovrebbe avere una natura eminentemente fattiva e di azione politica tesa a riempire un soggetto attualmente vuoto, Radicali Italiani appunto, con modifiche statutarie in una visione prospettica e progettuale a lungo termine che ci consenta di rientrare sulla scena politica attivamente e dentro le Istituzioni. Si dirà che non conosciamo la storia del Partito Radicale che fuori dalle Istituzioni ha portato avanti battaglie senz’altro fondamentali a volte vincendole. Sarebbe magnifico se si potesse ancora agire come allora ma purtroppo, proprio in ragione di una diffusa illegalità nelle stesse istituzioni, dal di fuori non è più possibile incidere sulla realtà politica. Le sconfitte che abbiamo riportato a casa negli ultimi anni dovrebbero ormai avercelo insegnato. Il Congresso Straordinario non dovrebbe essere l’ennesima arena in cui scontrarsi su posizioni favorevoli o contrarie a Pannella o allo Staderini di turno, né sarebbe un modo come un altro per “spendere gli ultimi soldi rimasti in cassa per dire che tutto è una merda” come si è espresso il Senatore Perduca in merito. Dovrebbe invece essere un congresso politico da cui uscire con, rinnovato e vigoroso, un soggetto politico dal profilo anche elettorale che possa competere, riconosciuto e riconoscibile,  nella vita politica di questo Paese e, dal di dentro, riformarla. Forte è la paura di alcuni che un siffatto soggetto, anzi partito, possa essere veicolo di infiltrazioni di militanti opportunisti e disonesti nelle nostre fila. Gentaglia contro la quale la cooptazione è stata garanzia. Disonesti non sappiamo ma opportunisti non ci sono certo mancati non ostante la cooptazione. Se abbiamo paura di essere partito perché attraverso questa forma potrebbero esserci delle infiltrazioni allora potremmo  anche smettere di mangiare per paura di soffocare e di trastullarci carnalmente per paura delle malattie veneree ma se continuiamo a mangiare e a sollazzarci allora che Partito sia! Quand’anche non si fosse d’accordo con questa tesi, vista la forte presenza di “stati d’animo tecnici” ( Pannella dixit ) che farfugliano, noi compresi, di una situazione di disagio per il soggetto Radicali Italiani così come è,  un Congresso Straordinario sarebbe comunque utile per chiarire le posizioni altre e metter fine ad una situazione di malcontento anche profondo  che va avanti da anni e  con più viva forza dall’ultimo Congresso di Radicali Italiani.  Dunque pur non essendo membri del Comitato tuttavia facciamo appello a chi di questo organismo è parte perché chiedano un Congresso Straordinario prima che Radicali Italiani, perché è questo il rischio, cessi di esistere senza aver mai iniziato ad essere.

 
Dopo la decisione di Marco Pannella di affiancarsi a La Destra di Storace molti sono stati i malumori in maniera più o meno aspra manifestati. Una scelta, questa di Pannella, che non fa altro che affossare ulteriormente un partito, negli ultimi decenni trasformato in una matassa di difficile interpretazione dall’esterno, e che mette, ancora una volta con penosa evidenza, in luce la totale mancanza di una strategia politica nonché l’inadeguatezza di una classe dirigente che, seppure in parte si è dissociata da questa scelta, tuttavia non ha agito per creare una alternativa confondendo il dissenso con l’abbandono. Abbiamo in altri interventi parlato di mancanza di metodo; purtroppo queste sono le conseguenze della totale assenza di metodo nella con conduzione del partito. Non è Storace difatti il problema, per quanto difficile sia trovarsi fianco a fianco con chi esprime istanze in totale opposizione a quelle radicali ; non lo è neanche il PD. Il nodo sta nel fatto che ci si è decisi a creare una lista elettorale all’ultimo momento nella speranza che qualcuno ci raccogliesse. E chi e perché mai qualcuno avrebbe dovuto imbarcare quello che ormai è un politicamente moribondo pugno di dirigenti radicali che aspettano la fine trascinandosi con un piede nella farsa? Storace lo ha fatto per “risciacquar li panni in Arno” in senso politico, seppure più che in Arno data la nostra forza li panni li sta risciacquando in una pozzanghera ; lo ha fatto per darsi patente di liberale, siamo uno strumento, uno strumentino per lo più, che egli usa per avere un minimo di credibilità in più. Ed allora? Allora una sola parola deve condurre chi ancora, e noi ci siamo, crede nelle idee radicali , nell’antiproibizionismo, nella libertà, in chi vuole che questo partito divenuto ormai l’orticello di un uomo solo torni ad essere una forza politica non personalistica e riprenda le mosse di quello che fu il partito di Cavallotti, di Nathan di Pannunzio : 

SCISSIONE! 

Sia Radicali Italiani lo strumento che , staccandosi dal Partito Radicale  Non Violento Transpartito Transnazionale  e soprattutto dalla Lista Pannella con sonora frattura,  ci faccia ritrovare tutti in un Partito Radicale Italiano, cioè quel partito che tanto ha dato  al nostro paese e che tanto potrà ancora dare in termini di Stati Uniti d’Europa, Diritti Civili, Giustizia e Libertà in Italia, in Europa, nel Mondo! Un partito dove le associazioni tematiche abbiano forza e voce, dove le associazioni territoriali siano coordinate e diventino avamposti sul territorio in un continuo processo di osmosi decisionale non gerarchica, un partito dove ci sia un gruppo dirigente sottoposto al voto degli iscritti senza figure di intoccabili!

 
Il 16 Dicembre dunque si svolgerà la Assemblea di Radicali Roma. Il nostro sarà  un contributo di duplice natura : politico e metodologico.


AZIONE POLITICA

Crediamo che, dal punto di vista della azione politica, fermo restando la validità di quanto fino ad ora svolto, Radicali Roma debba indirizzare i propri sforzi su tre prospettive :

1)   Prostituzione

2)   Matrimonio Omosessuale

3)   Antiproibizionismo

Temi piuttosto impegnativi, ma legati alle lotte di legalità, diritti civili nonché alla battaglia sull’amnistia soprattutto per quel che riguarda l’antiproibizionismo, che possono essere spunto per  azioni di ampio respiro non solo legate a dimostrare di esistere, come purtroppo in alcuni casi è avvenuto, bensì dirette a battaglie da costruire, combattere e vincere.

PROSTITUZIONE :

Dando seguito ad un ricorso della Agenzia delle Entrate contro tale A.Z.M. per omessa presentazione delle dichiarazioni di cui alla legge tributaria la Corte di Cassazione Sezione tributaria motivava nella Sentenza 1 ottobre 2010, n.20528

“Quanto poi all’esercizio dell’attività di prostituta, tale dovendosi qualificare in concreto l'attività della A., che ha coltivato nel tempo numerose relazioni tutte lautamente pagate, non vi e dubbio alcuno che anche tali proventi debbano essere sottoposti a tassazione, dal momento che pur essendo una attività

discutibile sul piano morale, non può essere certamente ritenuta illecita.”

Dando così ragione alla Agenzia delle Entrate circa il pagamento delle tasse ma ribadendo, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che la prostituzione non è reato.

D’altro canto la Legge Merlin , a cui ancora oggi fa riferimento la regolamentazione di questa professione, nell’articolo 3 non contempla come reato l’offerta o la fruizione dei servizi offerti nell’ambito del meretricio :

Art.3

Le disposizioni contenute negli artt. 531 a 536 del Codice Penale sono sostituite dalle seguenti: "E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da Euro 260,00 a Euro 10.400,00, salvo in ogni caso l'applicazione dell'art. 240 del Codice penale: 
1) chiunque, trascorso il termine indicato nell'art. 2, abbia la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa;
2) chiunque avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione;
3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione;
4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione;
5) chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;
6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque luogo diverso da quello della sua abituale residenza, la fine di esercitarvi la prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la partenza;
7) chiunque esplichi un'attività in associazioni ed organizzazioni nazionali ed estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni;
8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui.
In tutti i casi previsti nel n. 3) del presente articolo alle pene in essi comminate, sarà aggiunta la perdita della licenza d'esercizio e potrà anche essere ordinata la chiusura definitiva dell'esercizio.
I delitti previsti dai numeri 4) e 5), se commessi da un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto le convenzioni internazionali lo prevedano.”

A meno che non si voglia dare una interpretazione eccessivamente estensiva del comma 8. In effetti il presente articolo andrebbe riformato solo nel comma 3 che compromette un normale esercizio commerciale indipendente della professione,  essendo gli altri tesi ad arginare il fenomeno dello sfruttamento  anche alla luce della Convenzione ONU 1949/1951.

Usciamo ora da un ambito giuridico che in realtà poco ci compete ma che era necessario per introdurre il tipo di azione politica ovvero impugnare l’ordinanza del Sindaco di Roma in quanto sanziona un comportamento ritenuto lecito dalla corte di cassazione. Congiuntamente ed in opposta via di ovvio intento provocatorio, invece richiedere che vengano sanzionate, con un apposito controllo, tutte le persone vestite succintamente in ragione del periodo dell’ordinanza che così recita: “[divieto] di abbigliamenti che manifestino inequivocabilmente l’intenzione di adescare” e richiedere quindi con una serie di interrogazioni al sindaco ( bastano 200 firme ) la redazione di un manuale particolareggiato di corretto abbigliamento al fine di non inocorrere nella sanzione.

D’altro canto la ordinanza è  fortemente antidemocratica e lesiva dei diritti dei più deboli. Difatti si accanisce contro la prostituzione di strada e non contro l’esercizio della professione in appartamento autoregolamentata de facto per tariffe e modalità di vendita dei servizi che avviene prevalentemente attraverso passaparola ed internet. Dunque dovremmo rivolgerci agli organismi internazionali perché l’ordinanza venga dichiarata inammissibile. Teoricamente contrasta anche con la costituzione nell’articolo 3 comma 1 in quanto opera una discriminazione tra chi esercita la medesima professione, discriminando tra chi lavora per strada e tra chi esercita in appartamento tra l’altro quest’ultima forma di esercizio essendo l’oggetto principale della Legge 20 febbraio 1958, n. 75 ( Merlin ).

Su questa discriminazione anticostituzionale Radicali Roma dovrebbe anche sottoporre una interpellanza popolare al Sindaco come da regolamento comunale del 1994.

La prospettiva finale della azione, la prospettiva “alta” diciamo, è quella di rendere la prostituzione ( parola orrenda in quanto deriva dal latino vendere e quindi prostituirsi vorrebbe dire vendersi mentre chi esercita questo lavoro non vende sé stesso bensì un normale servizio ) una professione degnamente considerata; purtroppo per ora dobbiamo invece fermarci ad un obiettivo meno nobile ed è quello di far decadere la ordinanza del Sindaco anche attraverso un progetto di iniziativa popolare che delinei in un documento articolato – come da regolamento comunale del 1994- una diversa regolamentazione della prostituzione a Roma basata sulla parità di dignità con le altre professioni e nonché sul rispetto delle regolamentazioni del commercio.

Radicali Roma, infine, dovrebbe studiare e proporre alle singole associazioni Radicali territoriali ( eventualmente anche a Radicali Italiani ) lo sviluppo di un referendum nazionale che abroghi il comma 3 dell’articolo 3 della legge Merlin; congiuntamente dovrebbe far redigere una interrogazione parlamentare ( almeno finchè abbiamo dei parlamentari radicali )  perché Cinecittà Entertainement produca un documento particolareggiato circa i tempi e le modalità di rinnovo del Luna Park dell’Eur proponendo nel contempo un progetto per trasformare l’area suddetta in “Sexopolis” cioè un parco tematico dove possano trovare spazio alberghi, ristoranti di alto livello, professionisti del sesso sia peripatetici che in appartamenti sul modello dei professionisti che lavorano negli FKK tedeschi ( indipendenti e totalmente autonomi ), teatri, sexy shop di catene internazionali, facendolo diventare una ulteriore ( diciamo una tra le poche , forse l’unica ) attrazione turistica di Roma edificata dopo la seconda metà del XIX secolo e non un ghetto come infine vorrebbe chi in Parlamento chiede nuovamente la istituzione di “Case Chiuse” ( notoriamente luoghi di sfruttamento da cui la legge Merlin prendeva le mosse ) o di aree a luci rosse emarginate e sorgenti possibilmente in zone periferiche ( e siamo di nuovo alla discriminazione sociale ) e poco pubblicizzate.

                                                                          
MATRIMONIO OMOSESSUALE :

L’Art. 29 della Costituzione parla di coniugi e non fa riferimento alcuno a marito e moglie. Anzi nel comma 1 va oltre :

“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.”

Parla di società naturale quindi delega alla società, alla realtà delle cose, la definizione di famiglia. Dunque nessuna opposizione al matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Sulla base di questo articolo si dovrebbe promuovere innanzitutto una azione perché si apra un dibattito sulla incostituzionalità degli articoli 143 e 143bis del Codice Civile laddove parlano di marito e moglie  ( i seguenti invece menzionano solo i coniugi ) coinvolgendo costituzionalisti, giuristi, avvocati e esponenti della dottrina giuridica.

Radicali Roma dovrebbe poi avviare un coordinamento con le altre Associazioni territoriali Radicali per esportare sul territorio nazionale questa azione al fine di sfociare infine in una mobilitazione referendaria per l’abrogazione dell’articolo 143 comma 1 e del articolo 143bis in toto.

A livello comunale Radicali Roma dovrebbe organizzare un convegno richiedendo, come da regolamento comunale del 1994, una sala al Comune. Al rifiuto ( sicuro ma giustificato solo se l’argomento risulti costituzionalmente infondato art 14 comma 4 Regolamento Comunale ) iniziare una campagna basata sulla costituzionalità dell’ oggetto e quindi sulla infondatezza del rifiuto da parte del Comune coadiuvata anche da una interrogazione al Sindaco.

ANTIPROIBIZIONISMO :

Antiproibizionismo non solo sulle droghe ma anche azioni concrete verso le ordinanze anti alcool unitamente ad una interrogazione al sindaco circa l’utilità essendo già contemplato il reato di disturbo della quiete pubblica. Sulla scia di Milano proporre delle iniziative di delibera popolare sulle sale salvavita, ma anche lavorare per riuscire a creare, con l’aiuto di giuristi e costituzionalisti, un collegamento tra dazione gratuita di sostanze stupefacenti controllata dallo stato e art. 32 della Costituzione in materia di  tutela della salute al fine di intraprendere una azione referendaria contro la legge Fini-Giovanardi.

 
AMBITO METODOLOGICO

Nei paragrafi precedenti abbiamo scritto “[…]E dunque Radicali Roma dovrebbe studiare e proporre alle singole associazioni Radicali territoriali ( eventualmente anche a Radicali Italiani ) lo sviluppo di un referendum nazionale”

Non crediamo che Radicali Roma debba esautorare o porsi in contrasto con Radicali Italiani, tuttavia per questi e per la Lista Pannella, soprattutto dopo ed a seguito del Congresso Nazionale di Radicali Italiani, deve diventare pungolo critico attraverso la azione, il confronto e la visione globale delle realtà radicali in Italia.

Radicali Roma deve compiere un primo passo per avviare un processo di riforma del movimento nazionale che parta però dalle associazioni territoriali per creare un coordinamento capillare ma non gerarchicamente vincolante che consenta al movimento tutto di non procedere più in maniera scoordinata e frammentaria.

Anzi grazie alla presenza delle associazioni di arrivare a quella territorializzazione ( non solo geografica ma anche sociale, professionale, culturale ) che dovrebbe essere il risultato di un continuo e concreto scambio reciproco di informazioni  per la organizzazione di azioni comuni tra il movimento nazionale e le associazioni territoriali e tematiche.

Siamo i primi ad affermare che ormai non è più tempo per pensare ad una presenza elettorale radicale per le tornate del 2013. Se questa strada si vorrà seguire probabilmente sarà solo per poter dire “ci siamo stati ma ci hanno oscurati” reiterando così litanie che, seppure corrette nel merito, sono diventate giustificazione di una azione particolarmente sfilacciata ed inefficace.

Per ciò evitare partendo da Radicali Roma, dobbiamo creare un circolo virtuoso che ci permetta di avere una presenza ed una proposta sistematica e che ci metta in contatto anche con le realtà cittadine, con la base popolare , se vogliamo chiamarla così. Integrare la azione politica precedentemente descritta con una azione politica più vicina ai problemi del territorio, essere presenti nelle associazioni cittadine, coinvolgere le piccole realtà sociali facendoci carico di amplificare le loro esigenze attraverso la competenza regolamentare e legislativa radicale, trasformare insomma un marciapiede rotto in una strada periferica in ciò che realmente è : una battaglia di legalità perché vengano rispettate le regole e, prima di tutto, i cittadini.

Creata questa base allora,sì, dovremo presentarci alle elezioni. Dobbiamo prepararci non per le tornate elettorali del 2013 che, a livello nazionale e comunale abbiamo colpevolmente trascurato, ma essere pronti per le prossime lavorando perché il movimento radicale possa rinvigorirsi ed essere ben articolato, forte e decisivo.


 
Una delle prime obiezioni che vengono mosse alla proposta di emendamento allo Statuto di Radicali Roma nella parte in cui si tratteggia la possibilità della cancellazione dell’articolo

Art.9 
L’associazione non può presentarsi come soggetto politico a competizioni elettorali.

E’ che, così facendo, Radicali Roma non sarebbe più ufficialmente riconosciuta da Radicali Italiani. A questo punto però ci domandiamo “E con ciò?”. Se radicali Italiani è una associazione tra le altre della Galassia Radicale perché il riconoscimento deve promanare proprio da Radicali Italiani e non, per esempio, da Nessuno Tocchi Caino? Si risponderà perché Radicali Italiani è la “sezione” italiana del Partito Radicale Non Violento Transnazionale Transpartito. Certo. Tuttavia non esaustivo. Perché se l’unica via per presentarsi alle elezioni, come da alcune parti si è sottolineato, è quella di avere un soggetto plurale che  includa tutte le realtà della Galassia Radicale che lo vogliano, ed è principio giustissimo, allora il riconoscimento, per Radicali Roma nonché per tutte le altre associazioni,  non deve promanare da un organo che è associazione parziale essa stessa bensì dalla Galassia Radicale tutta, vale a dire dal suddetto soggetto che rappresenti unitariamente ma non unilateralmente le realtà radicali.

La seconda obiezione è quella che presentarsi slegati non porterebbe a nulla, verissimo, e che i tempi ormai non ci permettono di presentarci senza andare incontro ad un massacro. Incontrovertibile asserzione. Tuttavia rendere soggetto elettorale Radicali Roma non significherebbe necessariamente presentarsi alle elezioni. Anzi, al contrario, siamo i primi a ritenere ormai scaduti i termini per poter avviare una azione efficace. Allora perché l’emendamento? Per evitare di continuare ad avvitarci autoreferenzialmente su noi stessi . Perché il problema, crediamo, sta nel fatto che proprio perché Radicali Roma nonché Radicali Italiani, come ha recentemente statuito, non possono essere soggetti elettorali, allora del consenso, del seguito, del tesseramento e della presenza sul territorio non dobbiamo occuparcene a noi bastando i metodi radicali classici.

Se non credessimo nel metodo radicale probabilmente ci occuperemmo d’altro; tuttavia riteniamo che questo metodo vada integrato e potenziato con altri mezzi che ci consentano una presenza più capillare e continuativa.

Ecco il perché dell’emendamento : non per presentarci alle elezioni allo sbaraglio ma per innestare, partendo da Radicali Roma, un circolo virtuoso che ci permetta di avere una presenza ed una proposta sistematica e che ci metta in contatto anche con le realtà cittadine , con la base popolare , se vogliamo chiamarla così.

Creata questa base allora,sì, dovremo presentarci alle elezioni. Perché il sistema lo si combatte dall’interno. Dovremo essere come Alien che si insinua nell’organismo ospite, lo rode dalle viscere ed infine ne esce potente dalla pancia. Dovremmo essere l’Alien del sistema partitocratico. Avremmo dovuto esserlo da prima; ormai a ridosso delle elezioni non è più possibile ma dovremmo, subito, cambiare il modus di ragionare e cercare di radicarci  sistematicamente sul territorio ( comunale, provinciale ma anche professionale, sociale, culturale )per poter, nel più breve tempo possibile entrare o rientrare nelle istituzioni. La peste si combatte  iniettando streptomicina al paziente non ballando intorno al malato intonando canti propiziatori. La Peste Italiana si combatte iniettando Radicali nel corpo pernicioso della partitocrazia .

 
Si avvicina l’Assemblea di Radicali Roma e mi permetto di sottoporre alcune considerazioni.  Credo sia necessario avviare una riflessione circa la realtà del movimento radicale a livello nazionale nonché dei  rapporti delle associazioni territoriali e tematiche tra di loro e con il movimento stesso. Dico movimento radicale e non Radicali Italiani perché in effetti  la crisi sta coinvolgendo la galassia nel suo complesso.

Roma può essere un buon punto di partenza. Innanzitutto dovremmo pensare a degli emendamenti allo Statuto, nello specifico la cancellazione degli articoli :

Art. 4 Comma 1 Capoverso II Il Segretario 
1. [ Il Segretario ] E’ tenuto ad iscriversi a Radicali Italiani entro il quattordicesimo giorno successivo all’elezione, pena la sua decadenza.

Art. 5 comma 2 Il Tesoriere
2. Il Tesoriere è tenuto ad iscriversi a Radicali Italiani entro il quattordicesimo giorno successivo alla sua elezione, pena la sua decadenza.

Art.9 
L’associazione non può presentarsi come soggetto politico a competizioni elettorali.

Oggi Radicali Roma ha suonato le svegli in Campidoglio perché il comune non ha calendarizzato la nostra delibera sulle coppie di fatto presentata con circa 7000 firme. Bellissimo. Ma se avessimo avuto un consigliere comunale forse avremmo potuto far sì che la delibera venisse messa in discussione nei tempi previsti dalle norme.

Questo dovrebbe agganciarsi anche ad una riflessione sulla leadership radicale sulla base di quanto ben analizzato da Anastasia Deodato sul sito di Radicali Verona.

La nostra Assemblea dovrebbe essere un primo passo per avviare un processo di riforma del movimento nazionale che parta però dalle associazioni territoriali per creare un coordinamento capillare ma non gerarchicamente vincolante che consenta al movimento tutto di non procedere più in maniera scoordinata e frammentaria. Anzi grazie alla presenza delle associazioni di arrivare a quella territorializzazione ( non solo geografica ma anche sociale, professionale, culturale ) che dovrebbe essere il risultato di un continuo e concreto scambio reciproco di informazioni  per la organizzazione di azioni comuni tra il movimento nazionale e le associazioni territoriali e tematiche.